Prevenzione e Contraccezione
Ovaio
Ferma restando l’importanza di patologie come le cisti ovariche che possono essere di tipo funzionale o organiche (ne cito due soltanto : la cisti endometriosica e il cistoadenoma), mi soffermo sulla patologia più importante ai fini della salute della donna, rappresentata dal cancro ovarico.
Questo tumore si colloca al nono posto tra tutte le forme tumorali, costituisce il 2,9 % di tutte le diagnosi di tumore e in Europa rappresenta il 5% di tutti i tumori femminili.
L’incidenza in Italia è di circa 18 casi ogni 100.000 abitanti e colpisce una donna ogni 97. Nel 2005 ne sono stati diagnosticati 4797 casi.
I fattori di rischio per questa grave patologia sono l’età, con un picco massimo tra i 50 e 60 anni, la lunghezza del periodo ovulatorio, ossia un menarca precoce, una menopausa tardiva e non aver avuto figli.
Esiste un altro fattore di rischio importantissimo che consiste in una alterazione genetica che si tramanda nelle generazioni (7-10% di tutti i casi di K ovarico), quindi non certezza di tumore tra le donne imparentate, ma rischio più elevato rispetto alla popolazione generale.
Viceversa vi sono anche dei fattori di protezione: aver avuto più gravidanze, aver allattato al seno e infine un uso prolungato di estroprogestinici orali.
Questa patologia purtroppo non dà sintomi nelle fasi iniziali e per questo è difficile identificarla precocemente. I sintomi principali consistono nella comparsa di addome gonfio (ascite), aerofagia, bisogno di urinare frequentemente, sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto, nausea e vomito. Chiaramente questi sintomi vanno considerati solo se si presentano insieme e all’improvviso.
La diagnosi si effettua mediante l’esame pelvico, ossia la visita ginecologica e l’ecografia transvaginale; un valido supporto è dato infine dai markers ematici ovarici.
Non esistono programmi di screening scientificamente affidabili. Alcuni studi hanno tentato di utilizzare un marcatore presente nel sangue, il Ca 125, che però non risulta affidabile perché troppo poco specifico. Questo marker è invece molto utile nel monitorare la ripresa della malattia nelle persone colpite.
Grande importanza va quindi riservata alla visita ginecologica e alla ecografia transvaginale eseguite annualmente per offrire una possibilità di diagnosi precoce. Nei soggetti con K ovarico di tipo familiare questo approccio è consigliabile a partire dall’età di 30-35 anni e va eseguito ogni sei mesi anziché annualmente. |
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Utero
L’utero è formato da una parte intraaddominale detta corpo e da una parte extraaddominale, detta collo o portio, che si trova in vagina e quindi visibile con lo speculum alla visita ginecologica.
Il corpo dell’utero, a sua volta, è formato da una parete muscolare detta miometrio e da un epitelio che riveste la cavità uterina detto endometrio.
Le più importanti patologie che riguardano il corpo dell’utero consistono in patologie benigne come i fibromi o miomi, l’iperplasia endometriale, i polipi endometriali e in patologie maligne come il cancro dell’endometrio.
Di tutte queste patologie tratterò esclusivamente i polipi endometriali e il cancro dell’endometrio.
I polipi endometriali sono tumori benigni che nello 0,2-4,8 % hanno una degenerazione maligna. La localizzazione più frequente è a livello del fondo uterino e nel 20% dei casi sono multipli. Si associano ad un polipo cervicale, cioè localizzato nel canale cervicale, nel 27% dei casi in premenopausa e nel 57% dei casi in post-menopausa. Sono più frequenti dopo i 40 anni, ma nel 4-10% dei casi si presentano anche prima. Possono essere asintomatici e nel 42% dei casi sono sintomatici con comparsa di metrorragie.
A proposito della comparsa di metrorragia, l’impiego della dilatazione e curettage (raschiamento), essendo una metodica alla cieca, è responsabile del frequente fallimento diagnostico.
Infatti in uno studio di Smith del 1985, su 1383 RCU (revisione cavità uterina) per sanguinamento, nel 60% dei casi, il prelievo di materiale era inadeguato per la diagnosi e in uno studio effettuato dalla Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Siena, su 342 casi (aa. 2006-2008), la revisione di cavità (raschiamento) falliva nel 77% dei casi nella rimozione dei polipi.
Quindi l’indicazione alla polipectomia si fonda sulla necessità del riscontro istopatologico e/o rischio di una degenerazione neoplastica; il trattamento di elezione risulta indubbiamente l’isteroscopia con una resettoscopia per la visione tramite fibra ottica della cavità uterina con localizzazione e asportazione del polipo.
Il cancro dell’endometrio è per frequenza il quarto tumore dopo mammella, polmone e colon.
I fattori di rischio per questa patologia sono l’obesità, il menarca precoce, la menopausa tardiva, il diabete, e l’ipertensione. Risulta fattore di rischio anche la terapia con tamoxifene, farmaco usato nella terapia post-intervento chirurgico del tumore della mammella. E’ un tumore che può essere estrogeno dipendente o indipendente.
Il sintomo principale che deve creare sospetto è il sanguinamento anomalo, accompagnato spesso da dolori al basso ventre o alla schiena. Importantissimo precisare che i sintomi si manifestano, a differenza del tumore dell’ovaio, già nelle fasi precoci.
La diagnosi si fa il più delle volte con l’ecografia e quindi viene confermata dalla biopsia. Pertanto, anche in questo caso, rivestono particolare importanza la visita ginecologica e l’ecografia transvaginale annuali per offrire una possibilità di diagnosi precoce.
La terapia è di tipo chirurgico con radioterapia e chemioterapia di supporto, e terapia farmacologica per cinque anni dopo l’intervento (Nolvadex, Femara).
Anche per questa patologia non esistono programmi di screening scientificamente affidabili e l’unica strategia di prevenzione è quella di effettuare controlli ginecologici regolari. |
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Collo dell'utero o Portio
Come già visto, anche a livello cervicale si possono localizzare dei polipi. Tali tumori epiteliali benigni possono localizzarsi come sede di origine sulla portio, specificatamente sulla zona di congiunzione tra epitelio squamoso e colonnare oppure nel canale cervicale.
Possono essere unici o multipli, peduncolati o sessili. L’età di incidenza è intorno ai 40-50 anni. Hanno una lunghezza piuttosto limitata, alcuni appena visibili, altri raggiungono 2-3 cm. Si presentano di colorito rossastro, a volte la superficie è ulcerata e sanguina facilmente.
Per affrontare adesso tutta la problematica delle patologie precancerose e tumorali del collo dell’utero, bisogna fare chiarezza sul papillomavirus umano, unico vero responsabile di queste ed altre patologie, che cercherò di spiegare esaurientemente per affrontare infine l’argomento della vaccinazione HPV (Human papillomavirus).
Il papillomavirus Umano (HPV) è un virus molto comune. Infatti il 70% della popolazione lo incontra almeno una volta nella propria vita. Può infettare le parti esterne dei genitali femminili e maschili (la vulva e il pene), oppure può colpire parti più interne dell’apparato genitale femminile (vagina e collo dell’utero).
Le pietre miliari nella ricerca sul papillomavirus partono da lontano: due papiri egizi datati circa 1600 a.C. contengono le prime descrizioni del cancro e nel 460 a.C. le verruche genitali vengono per la prima volta definite condilomi; nel 1907 per merito di un italiano, Ciuffo (Università di Cagliari), viene scoperta la natura virale delle verruche ed è del 1975 la prima ipotesi che HPV sia la causa del cancro della cervice (Zur Hausen); in seguito, negli anni ottanta, sono identificati il tipo 16 e il tipo 18 come responsabili del carcinoma cervicale ed infine, e siamo ai giorni nostri, la scoperta che HPV è responsabile del 99,7% dei cancri della cervice, la produzione del vaccino per HPV (anno 2006) e il premio Nobel a Zur Hausen per tale scoperta (anno 2008).
Sono stati individuati circa 200 ceppi di papillomavirus, dei quali circa 100 caratterizzati completamente nell’uomo. Di questi, circa 40 genotipi di HPV infettano il tratto anogenitale e circa 15 di tali ceppi sono considerati oncogeni. Dei ceppi oncogeni il 16 e il 18 sono i più diffusi essendo responsabili di circa il 70-80% dei casi di cancro invasivo del collo dell’utero. Il tipo 16 è il papillomavirus con maggior prevalenza al mondo, seguito dal 18.
I fattori associati al rischio di infezione da HPV sono molteplici: in particolare l’inizio precoce dell’attività sessuale, il numero elevato di partners, il fumo di sigaretta, il mancato uso del condom, la gravidanza e la presenza di altre malattie a trasmissione sessuale (AIDS, herpes simplex 2, Chlamydia).
Le malattie provocate dal Papillomavirus sono molto comuni e hanno un’ampia diffusione nel mondo. I dati che riguardano il cancro invasivo del collo dell’utero sono impressionanti: rappresenta per diffusione il secondo tipo di cancro tra le donne giovani (15-44 anni), dopo il tumore al seno; ha una prevalenza mondiale di circa due milioni di casi. La prevalenza dell’infezione da HPV e l’incidenza del cancro del collo dell’utero per età hanno una distribuzione completamente diversa con prevalenza di infezione nell’età giovanile e incidenza del cancro dopo i 40-45 anni.
In Italia l’impatto dell’HPV è raffigurato dalla piramide della figura 4 che evidenzia alla base l’esecuzione di circa 5-6.000.000 di pap test all’anno e all’apice 1.700 decessi per anno con intermedie tutte le lesioni di basso e alto grado. Da notare che circa il 3% degli esami citologici (Pap test) presentano anomalie che necessitano di ulteriori accertamenti e che in Italia si verificano ogni anno circa 47.000 casi di lesioni di basso grado del collo dell’utero, circa 14.700 casi di lesioni precancerose del collo dell’utero e circa 3.500 nuovi casi di cancro del collo dell’utero.
Quindi anche nel nostro Paese le malattie provocate dal Papillomavirus rappresentano un’importante problematica sanitaria.
Il Papillomavirus a seconda del tipo può causare patologie di diversa gravità. Esistono dei tipi a “basso rischio”, i più comuni dei quali sono il tipo 6 e il tipo 11, che sono la causa dei condilomi anogenitali. Esistono dei tipi ad “alto rischio”, i più comuni dei quali come ho già detto, sono il tipo 16 e il tipo 18, che possono dare delle infezioni transitorie oppure persistenti. Le infezioni transitorie possono anche regredire spontaneamente mentre le persistenti evolvono più frequentemente verso il cancro.
Ma con quale meccanismo gli HPV causano il tumore?
Il Papillomavirus è circondato da un guscio proteico (il capside), composto da 360 copie di una proteina L1 e da 12 copie della proteina L2. Il capside è una struttura modulare, composta da unità fondamentali che si ripetono, i capsomeri. Questi sono formati dalle proteine L1 e L2 e sono in grado di autoassemblarsi per formare il capside.
L’obiettivo del virus è quello di replicarsi, non danneggiare le cellule. Il papillomavirus si moltiplica seguendo la maturazione delle cellule dell’epidermide senza superare la membrana basale, per cui ci sono meno difese immunitarie e non c’è viremia.
Quindi l’infezione non si trasmette con il sangue, ma semplicemente con il contatto delle mucose. Il Papillomavirus produce delle proteine cosiddette precoci e delle proteine cosiddette tardive. Tra le precoci da menzionare la proteina E6, che risulta essere la principale proteina trasformante (oncogena) che lega la proteina P53, e la proteina tardiva L1 che è la principale proteina del capside(fondamentale per la produzione del vaccino).
La proteina onco-soppressiva P53 controlla l’apoptosi, cioè la morte delle cellule e il virus, bloccandola, determina la non morte delle cellule (immortalizzazione).
Un’infezione da HPV può provocare, come detto, diverse malattie a livello genitale, alcune lievi, altre molto gravi:
1) Condilomi genitali
2) Lesioni potenzialmente precancerose del collo dell’utero
3) Lesioni precancerose del collo dell’utero
4) Cancro invasivo del collo dell’utero, della vulva e della vagina.
I condilomi genitali sono la meno grave e la più comune delle malattie provocate da HPV. Si possono riconoscere a vista d’occhio: sono escrescenze che si formano sulla pelle e sulle mucose dell’apparato genitale, sia nei maschi che nelle femmine. Possono facilmente essere trasmessi al partner.
Quali misure esistono per la prevenzione e la diagnosi precoce dell’infezione da HPV?
La principale è senza ombra di dubbio l’esame colpocitologico o Pap Test, comunemente detto “striscio”.
Si sta diffondendo sempre più un altro esame che si esegue in maniera semplice come il Pap Test, l’ HPV DNA Test.
Con tale esame, a differenza del Pap Test, che ci rivela una eventuale lesione determinata da HPV, si individua con anticipo se una donna è a rischio, perché la funzione principale di questo test è quella di evidenziare la presenza nel secreto vaginale di DNA virale anche con Pap Test negativo.
In altre parole questo esame è in grado di farci collocare una donna tra quelle a rischio o tra quelle non a rischio, riuscendo a rivelare la presenza di HPV ancor prima che questo possa aver dato una eventuale lesione.
Se invece il Pap Test risulta positivo ad una lesione di vario grado, risulta utile un approfondimento che consiste nella colposcopia con eventuale biopsia per poter poi decidere la terapia più idonea.
La colposcopia utilizza uno strumento ottico costituito da una sorgente luminosa e da un sistema di lenti.
Con questo esame è possibile localizzare il sito da cui provengono le cellule anormali, valutare l’estensione della lesione, permettere la biopsia sulle lesioni sospette e localizzare eventuali altre lesioni (endocervice,vagina, vulva).
La progressione graduale da lesione pre-invasiva a carcinoma invasivo dura un periodo molto lungo, circa 6 anni.
La terapia delle lesioni cervicali preneoplastiche può essere di tipo distruttivo o escissionale; la seconda ha il vantaggio di permetterci un esame istologico sul pezzo asportato. Chiaramente le lesioni più gravi prevedono una terapia esclusivamente escissionale e il cancro invasivo una isterectomia totale con linfoadenectomia.
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Vaccino HPV
Il nuovo vaccino protegge dai tipi più diffusi e pericolosi di Papillomavirus: il 6, 11, 16 e 18.
Questi 4 tipi di HPV sono responsabili di gran parte delle malattie che abbiamo descritto in precedenza. Esistono in commercio due tipi di vaccino, uno bivalente e uno quadrivalente.
Il bivalente protegge solo verso i due tipi ad alto rischio 16 e 18. Il quadrivalente protegge anche verso i due tipi a basso rischio 6 e 11 responsabili delle lesioni condilomatose.
Il vaccino non contiene DNA virale perché è stato sintetizzato per creare risposta anticorpale tramite la proteina capsidica L1.
La vaccinazione consiste in 3 iniezioni intramuscolari da 0,5 ml che devono essere effettuate nel corso di un anno.
Quale è la “sicurezza” di questo vaccino?
Sono pervenute alla rete nazionale di farmacovigilanza nel 2008, 107 casi di reazioni avverse. Va tenuto presente che i dati si riferiscono a segnalazioni di sospetti eventi la cui relazione causale con il vaccino non è accertata. Considerando i due vaccini, quindi, il tasso di segnalazioni di sospette reazioni avverse risulta di 24 casi su 100.000 vaccinazioni che, se limitate ai casi gravi, corrisponde a 2,4 segnalazioni per 100.000 dosi .
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Vulva
I tumori maligni della vulva rappresentano circa l’1% delle neoplasie del sesso femminile con una incidenza di 1.8/100000.
Le forme invasive insorgono in genere in tarda età con maggiore incidenza intorno ai 70 anni, le forme preinvasive (VIN) insorgono invece prima intorno ai 50-60 anni anche se ultimamente è stato rilevato un incremento della VIN anche sotto i 40 anni.
Fattori di rischio:
- fumo
- immunodepressione
- infezione da HPV si ipotizza un ruolo importante da parte dei ceppi 16 e 18 mentre i ceppi che producono condilomi acuminati non sono dotati di proprietà cancerogene
- infezione da HSV 2
- distrofie vulvari (lichen scleroatrofico)
Carcinoma vulvare intraepiteliale (VIN)
È caratterizzato da una crescita anomala dell’epitelio vulvare con presenza di atipia senza superamento della membrana basale (carcinoma in situ o intraepiteliale). È spesso multicentrico e può andare incontro a regressione spontanea.
La progressione verso il carcinoma invasivo è molto lenta, circa 10 anni.
Le VIN vengono distinte in:
- squamose
VIN I displasia lieve (atipia limitate al terzo inferiore dell’epitelio)
VIN II displasia moderata (atipia limitata ai 2/3 di spessore dell’epitelio)
VIN III displasia grave (atipia estesa a tutto l’epitelio)
- non squamose
malattia di Paget vulvare
melanoma in situ
Le VIN hanno un aspetto polimorfo maculo-papulare, generalmente bianche (leucoplachia) possono anche essere pigmentate.
Nelle donne in premenopausa sono prevalentemente multifocali mentre in quelle di età maggiore di 50 anni sono per lo più unificali.
La sede più comune è rappresentata dalla regione perineale e dalle piccole labbra.
Clinica
Possono essere asintomatiche o manifestarsi con prurito o dolore.
Terapia
Per la VIN 1 e 2 basta un controllo periodico o si può fare la distruzione con il laser.
Per la VIN 3 può essere fatta l’escissione chirurgica (ampia escissione superando di almeno 1 cm i limiti dela lesione) o distruzione con laser.
I principali vantaggi del trattamento laser consistono nella possibilità di risparmiare tessuto sano e non determinare cicatrici deformanti della vulva.
Carcinoma vulvare
È una neoplasia rara costituendo il 3% delle neoplasie dell’apparato genitale femminile.
Nell’85% dei casi è costituito dal carcinoma squamocellulare e nei restanti casi da carcinomi basalioidi, melanomi ed adenocarcinomi.
Le sedi preferenziali di insorgenza sono le grandi e piccole labbra (70%) il clitoride (14%) perineo (4%) e più raramente il prepuzio e le ghiandole di Bartolino.
Nel 10-30% dei casi è presente multifocalità.
Il carcinoma squamocellulare può essere distinto in 2 gruppi:
- Gruppo 1
è associato ad infezione da HPV, può essere multicentrico ed è preceduto da lesioni precanceromatose denominate neoplasia vulvare intraepiteliale VIN (o carcinoma in situ o malattia di Bowen).
La VIN nel 10-30% dei casi si accompagna a un secondo carcinoma squamoso della vagina o della cervice a causa del comune agente eziologico.
- Gruppo 2
È associato alla distrofia vulvare.
Anatomia patologica
Circa il 90% dei cancri della vulva sono carcinomi a cellule squamose, seguiti da melanomi (circa il 5%). I restanti casi includono gli adenocarcinomi e i carcinomi a cellule transizionali, gli adenoidi cistici e gli adenosquamosi, che possono tutti originare dalle ghiandole del Bartolini. Si possono riscontrare anche dei sarcomi e dei carcinomi a cellule basali insorti su di un adenocarcinoma.
Prognosi
La prognosi è correlata allo stadio della malattia, che è basato sulle dimensioni e sulla localizzazione del tumore e allo stato dei linfonodi regionali. Le percentuali di sopravvivenza a 5 anni sono > 90% per lo stadio I, dell'80% per lo stadio II, del 50-60% per lo stadio III e del 15% per lo stadio IV. Il rischio di diffusione ai linfonodi è proporzionale alle dimensioni del tumore e alla profondità dell'invasione.
Nei melanomi maligni della vulva, il rischio di metastasi è elevato. Il rischio, in questo caso, dipende principalmente dalla profondità dell'invasione, ma anche dalle dimensioni del tumore.
Terapia
Il trattamento di scelta è l'asportazione radicale del tumore locale (spesso con una vulvectomia radicale) con una dissezione unilaterale o bilaterale dei linfonodi inguinali e femorali. Per le piccole lesioni (< 2 cm) con una profondità d'invasione < 1 mm, può essere eseguita un'ampia escissione locale. Per le lesioni lateralizzate < 2 cm, possono essere eseguite l'emivulvectomia radicale monolaterale e la dissezione monolaterale dei linfonodi inguino-femorali.
Le lesioni in prossimità della linea mediana richiedono una dissezione bilaterale dei linfonodi inguino-femorali. Le lesioni > 2 cm, di solito richiedono una vulvectomia radicale e una dissezione bilaterale dei linfonodi inguinale e femorali.
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Contraccezione
I vari metodi contraccettivi sono stati classificati secondo l’efficacia contraccettiva in quattro categorie:
ORMONALI:
1) PILLOLA ESTROPROGESTINICA
I contraccettivi ormonali attualmente usati sono il frutto di una evoluzione di oltre 40 anni. Considerata la loro diffusione ed il loro impatto epidemiologico-sanitario, socio-demografico, i contraccettivi ormonali sono tra i farmaci più studiati. Quindi, la donna che li assume, ha la sicurezza di utilizzare un farmaco di cui sono stati approfonditamente analizzati i rischi ed uno dei pochi di cui si conoscono bene anche gli effetti nel lunghissimo termine.
La pillola contiene due ormoni di sintesi (estrogeni e progestinici) sia in forma combinata che sequenziale.
Esistono differenti tipi di pillole a seconda della natura degli ormoni di sintesi utilizzati e dei loro dosaggi. Generalmente si consiglia l’uso di pillole con la dose più bassa possibile di estrogeni.
Esiste in commercio una tipologia che contiene solo progestinico; questa si usa durante l’allattamento o in presenza di controindicazioni all’uso di estrogeni.
La pillola:
• blocca l’ovulazione inducendo l’ipofisi (una ghiandola posta alla base del cervello) a non stimolare più le ovaie con i suoi ormoni;
• modifica la consistenza del muco prodotto all’interno del canale cervicale (che dà accesso all’utero) rendendolo impenetrabile agli spermatozoi;
• modifica la mucosa dell’utero rendendola inadatta all’annidamento dell’ovulo.
- Modalità d'uso:
• Deve essere presa tutti i giorni, per 21 giorni, generalmente a partire dal primo giorno del ciclo mestruale (quello in cui inizia la mestruazione); è preferibile assumerla la sera o la mattina sempre nello stesso momento della giornata. L’assunzione si interrompe poi per 7 giorni, e questo provoca un sanguinamento simile alle mestruazioni.
• Qualunque sia la durata del sanguinamento, dopo 7 giorni di interruzione si deve ricominciare l’assunzione della pillola.
• La pillola è efficace dal primo giorno, a condizione che sia successivamente assunta quotidianamente e regolarmente.
Attualmente esistono anche confezioni con 28 compresse. L’assunzione non deve essere sospesa mai e le mestruazioni (detta emorragia da privazione) arrivano durante l’assunzione delle ultime quattro o due (a seconda del tipo di pillola) pillole che sono di colore diverso perché placebo ( cioè non contengono principio attivo). La suddivisione delle pillole in questi casi è appunto di 24 pillole colorate e 4 bianche o 22 pillole colorate di vari colori (perché contengono dosaggi diversi di principi attivi) e 2 bianche. La pillola viene normalmente venduta in confezioni «calendario», che aiutano la donna a controllare l’assunzione quotidiana.
- Se ci si dimentica di prendere la pillola:
È necessario che la pillola dimenticata venga assunta entro le 12 ore successive per garantire comunque l’efficacia contraccettiva.
Se la dimenticanza è superiore c’è rischio di ovulazione e quindi di gravidanza. In questo caso è comunque preferibile assumere la pillola fino a consumare tutta la confezione utilizzando, in aggiunta, un altro metodo contraccettivo.
Si fa presente che:
• se nelle 4 ore successive all’assunzione della pillola si ha vomito o diarrea è necessario prenderne un’altra.
Alcuni farmaci assunti contemporaneamente alla pillola ne riducono l’effetto contraccettivo; tra questi vi sono alcuni antibiotici, antiepilettici, alcuni sedativi ed antidolorifici. Per maggiori informazioni è bene rivolgersi al proprio medico; in previsione di un intervento chirurgico è necessario avvertire il medico dell’uso di questo contraccettivo.
• Alcuni medici consigliano ancora oggi di smettere sistematicamente l’assunzione della pillola di tanto in tanto per verificare la ripresa dell’ovulazione. Ciò non è giustificato;anzi sembra che il maggiore “stress” l’organismo lo subisca nei primi due mesi di assunzione, quindi diventa addirittura controproducente l’interruzione.
Una eventuale interruzione è utile solo in presenza di condizioni patologiche che controindicano l’assunzione della pillola o quando la donna decide di sospendere la contraccezione o passare ad altro metodo.
Prima di prendere la pillola è preferibile accertare che l’ovulazione si verifichi regolarmente. Questa precauzione è necessaria soprattutto per le adolescenti.
• Quando si interrompe l’uso della pillola la prima ovulazione sopravviene, in genere, rapidamente ma può anche tardare qualche mese: se si desidera una gravidanza è sufficiente essere pazienti.
L’uso della pillola è controindicato durante l’allattamento. In ogni caso l’allattamento non protegge totalmente contro il rischio di gravidanza e conviene quindi utilizzare un metodo contraccettivo durante questo periodo.
- Vantaggi
Sicurezza totale - Facilità d'uso.
- Controindicazioni
Le principali controindicazioni, da valutare insieme al medico, sono:
• sospetto di gravidanza;
• malattie dell’apparato cardiocircolatorio (pressione alta, trombosi, embolie, flebiti);
• diabete o una ridotta tolleranza agli zuccheri;
• alcune malattie dei reni e del fegato;
• alterazioni nel metabolismo dei grassi;
• tumori maligni dell’apparato genitale e della mammella.
È consigliabile inoltre non fumare.
L’uso della pillola nelle giovani che hanno cicli mestruali irregolari va preceduto dal controllo medico per chiarire le cause di questa irregolarità.
Prima di iniziare l’uso della pillola bisogna consultare un ginecologo per effettuare i seguenti controlli:
• visita generale e storia sanitaria della donna;
• visita ginecologica e del seno;
• controllo della pressione arteriosa;
• pap-test;
• esame completo delle urine;
• analisi del sangue: glicemia, colesterolo (HDL), trigliceridi, transaminasi.
Questi controlli vanno ripetuti ogni anno.
2) ANELLO CONTRACCETTIVO
Tra gli attuali contraccettivi ormonali troviamo l’anello vaginale, il quale sicuramente risente meno del rischio di dimenticanze o ritardi di assunzione, delle variazioni dell’assorbimento intestinale e permette inoltre di assumere dosaggi bassissimi pur mantenendo un buon controllo del ciclo.
La mucosa vaginale è una via ideale per la somministrazione di terapie ormonali in ginecologia ed ostetricia. L’anello contraccettivo rilascia dosaggi bassissimi e costanti di estrogeni e progestinici. L’assorbimento è rapido, viene a mancare l’ampia iniziale metabolizzazione, detta effetto di primo passaggio epatico, tipica della somministrazione orale, che può essere fonte di maggiori effetti collaterali, interazioni con farmaci e controindicazioni.
Sono ridotte inoltre la frequenza di somministrazione e le dimenticanze. Questo significa maggiore efficacia contraccettiva e migliore compliance rispetto alla via orale.
L’inibizione dell’attività ovarica e quindi dell’ovulazione è infatti sovrapponibile a quella di una pillola orale con un dosaggio maggiore. L’efficacia non è inoltre dipendente dal variabile assorbimento gastro-intestinale, che può essere condizionato anche dalle modificazioni della dieta e della flora intestinale e rappresenta un potenziale limite dei contraccettivi orali.
L’anello può garantire una migliore efficacia contraccettiva, anche in caso di vomito e diarrea, rispetto alla via orale.
L’anello contraccettivo rilascia quotidianamente 15 mcg di etinilestradiolo (EE) e 120 mcg di etonogestrel (ENG), metabolita del desogestrel (DSG). Le dosi sono bassissime e rilasciate con costanza. Questo rende minimo il rischio di effetti collaterali, come tensione mammaria, emicrania, nausea. Si ha, inoltre, un buon controllo del ciclo, con riduzione delle perdite ematiche intermestruali, pur mantenendo un ottimo effetto soppressivo sull’ovulazione. Questo permette di saltare le pause tra gli anelli e quindi la mestruazione, qualora non sia desiderata o sia fonte di disturbi, senza fastidiosi aumenti delle perdite intermestruali.
L’anello, quindi, si caratterizza per avere le dosi più basse rispetto agli altri contraccettivi e la maggiore stabilità dei livelli ematici.
- Modalità d’uso
L’anello va inserito in vagina e rimosso direttamente dalla donna, lo stesso giorno della settimana in cui era stato inserito. Ad esempio, se l’anello viene inserito il lunedì intorno alle 22.00, deve essere rimosso di nuovo il lunedì della terza settimana successiva all’incirca alle ore 22.00. Questo va mantenuto per 3
settimane a cui segue una settimana di intervallo libero da anello, (durante la quale compare la pseudomestruazione).
Nel caso in cui l’anello venga accidentalmente espulso, esso può essere lavato con acqua fredda o tiepida e deve essere reinserito immediatamente.
- Vantaggi
L’assunzione degli estroprogestinici per via vaginale ha il vantaggio di essere un notevole ausilio mnemonico come una “contraccezione mensile” che riduce le dimenticanze ed aumenta l’efficacia contraccettiva.
- Controindicazioni
Le principali controindicazioni, da valutare insieme al medico, sono:
• sospetto di gravidanza;
• malattie dell’apparato cardiocircolatorio (pressione alta, trombosi, embolie, flebiti);
• diabete o una ridotta tolleranza agli zuccheri;
• alcune malattie dei reni e del fegato;
• alterazioni nel metabolismo dei grassi;
• tumori maligni dell’apparato genitale e della mammella.
È consigliabile non fumare.
3) CEROTTO TRANSDERMICO
È un contraccettivo ormonale a basso dosaggio ed ha la particolarità di essere assunto per via cutanea. Si tratta di un sottile cerotto composto da tre strati: contiene norelgestromina (un progestinico) etinilestradiolo (l’estrogeno presente in tutte le pillole) e ne rilascia la dose giornaliera necessaria.
- Modalità d’uso
Quando si applica il cerotto, (le cui dimensioni sono di circa 20 cm.2, 4,5 per lato, come metà carta di credito), bisogna fare attenzione che la cute sia sempre pulita, asciutta, non usare creme, oli o talchi e che la zona dove deve essere posizionato non presenti microlesioni. Può essere collocato sui glutei, sul braccio e spalla, sulla parte bassa dell’addome, tranne che sul seno. Si utilizzano tre cerotti al mese, con cambio settimanale: ogni volta che si applica un cerotto nuovo, per evitare l’irritazione della cute, bisogna cambiare posizione.
Il primo cerotto si applica il primo giorno del ciclo e, dopo tre settimane, si fa una settimana di pausa senza cerotto. Tutti i cerotti si applicano e si rimuovono lo stesso giorno della settimana.
Il cerotto potrebbe essere meno efficace nelle donne che pesano 90 kg. o più. Tra gli effetti collaterali più frequenti si segnalano cefalee, nausea e tensione mammaria. Nel caso in cui il cerotto non aderisca perfettamente va sostituito entro 24 ore, utilizzando una nuova confezione come scatola di riserva, per mantenere la periodicità del mestruo.
Se sono passate più d 24 ore dal distacco o non è possibile ricostruire quando è avvenuto, ci potrebbero essere dei rischi: in questo si consiglia di utilizzare un altro sistema contraccettivo.
- Controindicazioni
Le controindicazioni e gli effetti collaterali sono gli stessi della pillola.
Anche se il vomito e la diarrea non creano problemi i farmaci che vengono smaltiti tramite il fegato possono interferire.
4) IMPIANTO SOTTOCUTANEO
L’impianto sottocutaneo è considerato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità un metodo contraccettivo di primo livello. E’ una nuova proposta contraccettiva a lungo termine della durata di tre anni.
Si tratta di un impianto per via sottocutanea consistente in un unico bastoncino, che può essere utilizzato da tutte le donne. Ha una efficacia pressoché totale ( 99%) e durante i trials clinici non si è osservata alcuna gravidanza. Può essere utilizzato da donne nullipare e dopo la rimozione, oltre il 90% delle donne ha avuto il ritorno dell’ovulazione entro tre settimane.
L’impianto consiste in un bastoncino radio-opaco, morbido, flessibile, lungo 4 cm. e con diametro pari a 2 mm. contenente etonogestrel (progestinico) a lento rilascio.
Deve essere inserito sottocute appena sotto la pelle e viene inserito nella parte interna dell’arto superiore non dominante (a sinistra nei destrimani e viceversa) circa 8-10 cm. sopra il gomito. Dopo aver disinfettato la cute viene praticata una anestesia locale (con spray o con iniezione) e, tramite l’apposito applicatore, viene inserito il dispositivo. Può essere rimosso quando lo desidera la paziente o al massimo dopo tre anni dall’inserimento.
DISPOSITIVI INTRAUTERINI:
I.U.D. o SPIRALE
È un piccolo oggetto in plastica, lungo 3-5 cm., (inserito dal ginecologo all’interno dell’utero attraverso il canale cervicale), di varie dimensioni, forme e materiali. La maggior parte è ricoperta da un sottile filamento di rame, alcune contengono del progesterone e vengono utilizzate in particolari situazioni come mestruazioni abbondanti, metrorragie, endometriosi.
Lo I.U.D. rende difficile la penetrazione e la sopravvivenza degli spermatozoi e impedisce l’annidamento dell’ovocita sulla parete dell’utero.
- Modalità d’uso
L’inserimento è effettuato dal ginecologo durante il flusso mestruale, l’applicazione dura solo pochi minuti, non è molto dolorosa.
All’estremità dello I.U.D. è attaccato un sottile filo di nylon che fuoriesce per un breve tratto dal canale cervicale.
Per assicurarsi che lo I.U.D. sia al suo posto, la donna può toccare il filo sul fondo della vagina.
È necessario, comunque, un controllo del gineco1ogo dopo la prima mestruazione, dopo tre mesi dall’applicazione e, in seguito, ogni sei mesi o ogni anno. La rimozione dello I.U.D. è semplice e non è dolorosa: è sufficiente infatti che il medico faccia trazione sul filo per estrarre lo I.U.D.
È importante che la donna non cerchi di farlo da sola.
Nei primi giorni dall’inserimento possono intervenire crampi e dolori addominali; le mestruazioni sono più lunghe e più abbondanti; in qualche caso lo I.U.D. può essere espulso spontaneamente.
La presenza dello I.U.D. in utero può favorire lo svilupparsi di infiammazioni ed infezioni che, se non curate, possono avere conseguenze negative sulla fertilità.
È necessaria, quindi, una certa attenzione da parte della donna che deve consultare il medico in caso di disturbi (dolori al ventre, perdite maleodoranti, febbre, ecc.).
Lo I.U.D. è in genere sconsigliato alle donne giovani che non hanno ancora avuto gravidanze sia perché l’inserimento è più doloroso, sia perché sono più frequenti i crampi o i dolori e soprattutto perché una infiammazione pelvica potrebbe compromettere gravemente la futura fertilità.
Dopo un aborto eseguito nel II trimestre o dopo un parto, è consigliabile attendere che l’utero sia tornato alle dimensioni che aveva prima della gravidanza, altrimenti la donna potrebbe espellere la spirale.
- Vantaggi
È un metodo molto efficace e, una volta inserita, svolge un’azione contraccettiva permanente per anni. Non ci si accorge di averla, e l’uomo non percepisce la sua presenza durante il rapporto sessuale. In assenza di fastidi è sufficiente un controllo annuale.
N.B. - Raramente avvengono gravidanze con lo I.U.D. Tuttavia, se si ha un ritardo mestruale bisogna fare i necessari accertamenti per escludere o confermare l’esistenza di una gravidanza. In questo caso è preferibile togliere lo I.U.D.
- Controindicazioni
• Infezioni degli organi genitali o forti infiammazioni del collo dell’utero;
• malformazioni dell’apparato genitale;
• tumori degli organi genitali;
• mestruazioni particolarmente abbondanti e/o dolorose.
METODI DI BARRIERA:
1) PRESERVATIVO O CONDOM
È una sottilissima guaina di gomma che avvolge completamente il pene in erezione evitando il contatto diretto con l’apparato genitale della donna influendo in modo minimo sulla sensibilità di entrambi.
- Modalità d’uso
L’efficacia contraccettiva del profilattico dipende da un suo buon utilizzo. Deve essere messo sul pene in erezione prima di qualsiasi contatto con l’apparato genitale della donna e non al momento dell’eiaculazione in quanto l’uomo, già all’inizio dell’erezione, può emettere alcune gocce di secrezione che potrebbero contenere degli spermatozoi.
L’uomo deve ritirare il pene dalla vagina prima che l’erezione cessi, per evitare che lo sperma refluisca fuori dal preservativo.
Si raccomanda di tenere il preservativo tra le dita durante la retrazione del pene dalla vagina per evitare che si sfili all’interno di questa e/o per evitare la fuoriuscita di liquido seminale.
Si può, per maggiore precauzione, utilizzare in associazione al preservativo un prodotto spermicida.
Ogni preservativo può essere utilizzato una sola volta. Ne esistono di differenti tipi in grado quindi di soddisfare ogni esigenza; alcuni hanno un piccolo serbatoio per raccogliere lo sperma all’estremità, cosa che assicura una maggiore sicurezza.
Se tale serbatoio manca bisogna lasciare un po’ di spazio tra l’estremità del pene e quella del preservativo.
- Vantaggi
Essenzialmente la sua comodità d’uso.
È liberamente in vendita. Permette di avere rapporti sessuali senza rischi di contrarre malattie a trasmissione sessuale (dal Trichomonas all’AIDS).
2) DIAFRAMMA
È una cupola di gomma, fissata su un anello flessibile che la donna colloca sul fondo della vagina Copre il collo dell’utero ed impedisce agli spermatozoi di penetrarvi.
- Modalità d’uso
Il diaframma deve esser utilizzato con un prodotto spermicida, da spalmare sui bordi e sul fondo. Se non si usa lo spermicida la sua efficacia diminuisce notevolmente.
Può essere messo in vagina in qualsiasi momento, ma è necessario aggiungere un po’ di prodotto spermicida prima di ogni rapporto sessuale, anche senza togliere il diaframma.
Deve essere tenuto in vagina per almeno 6 ore dopo il rapporto, così che lo spermicida possa avere effetto sugli spermatozoi. Per non ridurre l’efficacia dello spermicida è bene evitare di fare lavande durante queste 6 ore.
Il ginecologo prescrive il diaframma dopo una visita ginecologica, poiché questo strumento deve adattarsi perfettamente alla donna che lo utilizza e deve essere, quindi, della misura esatta. La misura di ciascuna donna si modifica dopo una gravidanza o una variazione di peso consistente (5 kg. o più).
Non è difficile imparare a mettere il diaframma nel modo giusto: sarà il medico che insegnerà come inserirlo, come toglierlo e come mettere lo spermicida.
La sicurezza nell’uso del diaframma dipende dall’addestramento della donna.
Dopo l’uso il diaframma deve essere lavato con acqua e sapone neutro, asciugato con cura e riposto in una scatola rigida. È importante che la donna controlli periodicamente il diaframma controluce, per assicurarsi che la gomma non sia più sottile in alcuni punti o bucata.
- Inconvenienti
È un metodo poco affidabile, poiché il giorno dell’ovulazione è spesso imprevedibile e può essere anticipato o ritardato da uno stress, un cambio di clima o di stagione, una malattia, una dieta.
Per le donne che hanno cicli irregolari il calcolo che abbiamo descritto individuerà un periodo fecondo molto lungo. Questo significa che potranno avere rapporti sessuali sicuri solo in pochi giorni del ciclo.
- Vantaggi
• È un mezzo puramente meccanico che non interferisce con le normali funzioni dell’apparato riproduttivo;
• può essere inserito alcune ore prima del rapporto e quindi non interferisce sul suo svolgimento;
• la sua presenza non viene percepita né dall’uomo né dalla donna durante il rapporto sessuale.
E’ comunque un metodo ormai obsoleto.
METODI CHIMICI:
SPERMICIDI
Gli spermicidi sono sostanze chimiche (confezionate in forma di capsule, ovuli, gelatine, creme) che, a contatto con gli spermatozoi, ne provocano la morte.
Devono essere introdotti profondamente in vagina subito prima del rapporto sessuale, perché la loro efficacia è limitata nel tempo.
Devono essere utilizzati esclusivamente insieme al preservativo o al diaframma, poiché da soli non danno nessuna sicurezza.
Inconvenienti
Hanno un’efficacia molto bassa.
Alcuni spermicidi, utilizzati frequentemente possono distruggere la naturale flora batterica vaginale, che è necessaria per prevenire e combattere infiammazioni o infezioni.
Tutti gli spermicidi si conservano per periodi limitati e sono relativamente costosi.
METODI NATURALI:
I metodi naturali consistono nell’astinenza dai rapporti sessuali durante il periodo fecondo.
Ciò che differenzia i diversi metodi sono le modalità con cui vengono individuati i giorni fecondi.
1) METODO OGINO-KNAUS
La donna individua tale periodo osservando la lunghezza dei suoi cicli (il ciclo va dal primo giorno della mestruazione al primo giorno della mestruazione successiva) per un periodo piuttosto lungo (1 anno): sottrae quindi 19 dal numero di giorni del suo ciclo più breve (per identificare il primo giorno del periodo fecondo) e l0 dal numero di giorni del suo ciclo più lungo (per identificare l’ultimo giorno del periodo fecondo).
In questo modo ha individuato i giorni durante i quali probabilmente avviene l’ovulazione; se in questi giorni si astiene dai rapporti sessuali, le probabilità di una gravidanza saranno molto basse.
- Inconvenienti
È un metodo poco affidabile, poiché il giorno dell’ovulazione è spesso imprevedibile e può essere anticipato o ritardato da uno stress, un cambio di clima o di stagione, una malattia, una dieta.
Per le donne che hanno cicli irregolari il calcolo che abbiamo descritto individuerà un periodo fecondo molto lungo. Questo significa che potranno avere rapporti sessuali sicuri solo in pochi giorni del ciclo.
È necessaria una buona collaborazione da parte dell’uomo.
- Vantaggi
Il metodo non richiede l’intervento del medico e non interferisce in nessun modo con le funzioni dell’apparato riproduttivo.
Non richiede l’uso di mezzi chimici o meccanici.
2) METODO DELLA TEMPERATURA BASALE
In questo caso il periodo non fertile viene individuato osservando la curva della temperatura, questa aumenta rapidamente (di circa cinque decimi di grado) sotto l’influenza di un ormone, e rimane a questo livello fino alla comparsa delle mestruazioni.
Ogni donna ha una propria temperatura di base, che può essere diversa da quella di altre donne, ma in tutte si verifica un rialzo dopo l’ovulazione. È dunque individuando questo rialzo che è possibile capire quando l’ovulazione è avvenuta.
È necessario misurare la temperatura ogni mattina, al risveglio, all’incirca sempre alla stessa ora, prima di qualsiasi attività (il primo gesto al risveglio deve essere quello di prendere il termometro), ed annotarla sul foglio della temperatura. La temperatura può essere quella orale, rettale o vaginale, ma va misurata sempre nello stesso modo.
Quando la temperatura si è stabilizzata sul livello più alto da tre giorni, si può essere quasi certe che ha avuto inizio il periodo non fecondo, e che i rapporti sessuali non daranno origine ad una gravidanza.
Poiché è impossibile prevedere in anticipo il rialzo della temperatura, e poiché gli spermatozoi possono sopravvivere nell’utero fino a tre giorni, è necessario astenersi dai rapporti sessuali nel periodo precedente l’ovulazione.
- Inconvenienti
La differenza di temperatura tra il periodo fecondo e quello infecondo è molto piccola (qualche decimo di grado) ed un affaticamento, un’indisposizione, una febbre anche leggera, (o semplicemente il fatto di alzarsi di notte) può mascherarla.
In alcune donne la curva della temperatura è irregolare, e non permette di individuare con certezza il giorno dell’ovulazione.
Il periodo del ciclo in cui è possibile avere rapporti sessuali è molto breve.
È necessaria una buona collaborazione da parte dell’uomo.
- Vantaggi
Il metodo non richiede l’intervento del medico e non interferisce in nessun modo con le funzioni dell’apparato riproduttivo.
Non richiede l’uso di mezzi chimici o meccanici (a parte il termometro).
Norme per la corretta registrazione della temperatura corporea basale (BBT)
1. Registra ogni giorno la data nell’alto della colonna, nello spazio previsto.
2. Ogni mattina, al risveglio, ma prima di alzarti misura la temperatura per almeno 2-3 minuti. Se la temperatura è quella orale ricordarti di non bere, mangiare o fumare prima di misurare la temperatura.
3. Registra accuratamente la temperatura sul grafico, mettendo un puntino nel posto giusto. Indichi i giorni di coito (rapporto sessuale) con una freccia all’ingiù (↓) nello spazio previsto.
4. Il primo giorno del flusso mestruale è considerato l’inizio di un ciclo. Indica ogni giorno del ciclo riempiendo il quadratino indicato (g) sul grafico, iniziando all’estrema sinistra sotto il primo giorno del ciclo.
5. Qualsiasi ovvia causa di variazione della temperatura, come raffreddori, infezioni, insonnia, indigestione, ecc., dovrebbe essere annotata sul grafico in corrispondenza della temperatura di quel giorno.
6. L’ovulazione può essere accompagnata, in qualche donna, da una fitta dolorosa al basso ventre o da una perdita di sangue dai genitali. Se noti ciò, indica sul grafico il giorno in cui si è verificato.
7. Inizia la registrazione di un nuovo ciclo su di un nuovo grafico.
3) METODO BILLINGS (o dell'osservazione del muco cervicale)
Il periodo fecondo viene individuato attraverso l’osservazione del muco cervicale, prodotto nel canale che dà accesso all’utero e presente nelle perdite vaginali. Il muco infatti subisce delle modificazioni prima, durante e dopo l’ovulazione.
Nei giorni successivi alla mestruazione la donna non rileva, in genere, alcuna perdita vaginale ed ha la sensazione che i suoi organi genitali esterni siano «asciutti». In questi giorni la donna non è feconda.
Con l’avvicinarsi dell’ovulazione la donna può verificare la presenza di una certa quantità di muco ed una sensazione di lubrificazione della vulva e della vagina. Nei giorni immediatamente precedenti o successivi il muco cambia aspetto e consistenza, diventa più fluido, trasparente ed elastico. Quando il muco presenta queste caratteristiche la donna è nel periodo fecondo e deve astenersi dai rapporti sessuali. Dopo l’ovulazione il muco torna ad essere più opaco, denso, bianco o giallino, appiccicoso. Dal quarto giorno dopo la ricomparsa di questo tipo di muco, hanno nuovamente inizio i giorni non fecondi.
- Inconvenienti
La quantità di muco prodotto varia da donna a donna e talvolta non è facile avvertire ed interpretare correttamente le sue modificazioni o la sensazione di «secchezza» o «umidità» degli organi genitali.
Alterazioni nelle caratteristiche del muco e delle sensazioni descritte, causate da banali infezioni vaginali, possono indurre in errore.
È necessaria una buona collaborazione da parte dell’uomo.
- Vantaggi
Il metodo non richiede l’intervento del medico e non interferisce in nessun modo con le funzioni dell’apparato riproduttivo. Non richiede l’uso di mezzi chimici e meccanici.
È possibile associare tra loro diversi metodi naturali, migliorando notevolmente il livello di sicurezza, ma aumentando gli inconvenienti.
Un inconveniente di questi metodi è quello di limitare i rapporti di coppia a ristretti periodi durante il mese.
4) COITUS INTERRUPTUS
Per evitare che gli spermatozoi raggiungano gli organi genitali della donna, l’uomo retrae il pene fuori dalla vagina prima dell’eiaculazione.
Dopo l’eiaculazione l’uomo deve urinare e lavare bene il pene prima di un nuovo rapporto.
È un metodo molto diffuso che richiede all’uomo un ottimo controllo delle proprie reazioni durante l’orgasmo.
- Inconvenienti
La possibilità di insuccesso è elevatissima (da numerose indagini risulta che la maggior parte delle donne che hanno abortito volontariamente usavano questo metodo). L’insuccesso può dipendere sia dal fatto che l’uomo retrae il pene troppo tardi, sia dal fatto che alcuni spermatozoi sono presenti anche nel liquido prodotto dall’uomo prima dell’eiaculazione.
L’obbligo di «fare attenzione» produce notevole ansia e tensione nervosa sia nell’uomo che nella donna; ciò può ridurre il loro piacere e provocare, col tempo, disturbi sessuali di vario genere.
METODI CHIRURGICI:
STERILIZZAZIONE
Non può essere considerato un metodo contraccettivo, perché ad oggi, la sua reversibilità non è garantita. Per questo motivo può essere preso in considerazione solo da coloro che decidono di rinunciare completamente alla possibilità di avere figli.
È un metodo molto diffuso in alcuni paesi del mondo, ma in Italia la sua regolamentazione giuridica non è ancora definitiva.
La sterilizzazione consiste nell’interruzione chirurgica delle tube (attraverso le quali l’ovocita discende dall’ovaio all’utero) nella donna, o dei deferenti (canali attraverso i quali passano gli spermatozoi) nell’uomo.
Da poco tempo è in uso un semplicissimo metodo eseguito per via isteroscopica. Viene introdotto nelle tube un cilindro di materiale sintetico che entro breve tempo aderisce alle pareti delle tube ostruendo la pervietà.
CONTRACCEZIONE D'EMERGENZA
La Contraccezione d’Emergenza (CE) può essere un intervento farmacologico (ormonale) oppure non farmacologico (dispositivo intrauterino-IUD) che usato tempestivamente, ha lo scopo di prevenire una gravidanza indesiderata dopo un rapporto sessuale a rischio.
Il termine emergenza sottolinea che tale forma di contraccezione deve rappresentare una misura occasionale e non sostituire un regolare metodo contraccettivo.
Quella che, impropriamente, viene chiamata «pillola del giorno dopo» è costituita da una compressa da assumersi in condizioni ben precise. Non esiste, quindi una pillola del giorno dopo(cioè una pillola che possa essere assunta dopo ogni rapporto sessuale).
- Metodi
I metodi disponibili in Italia sono: preparati orali progestinici contenenti levonorgestrel e IUD.
La formulazione attualmente impiegata ha come principio attivo il levonorgestrel:
Le confezioni in vendita contengono, 1 compressa da 1,5 mg da assumere in un'unica somministrazione. Il farmaco deve essere assunto il più presto possibile e comunque entro 72 ore dal rapporto non protetto.
Lo IUD, come metodo di CE può essere inserito entro 48 ore dal rapporto sessuale non protetto.
Il levonorgestrel, se il rapporto ha avuto luogo nelle ore o nei giorni che precedono l’ovulazione dovrebbe impedire la fecondazione (l’unione dello spermatozoo con l’ovulo).
Se il rapporto ha avuto luogo ad ovulazione già avvenuta, dovrebbe modificare la zona interna dell’utero impedendo l’impianto .
Se il processo di impianto è già iniziato (anche se da poco tempo) il farmaco non è efficace.
Lo IUD agisce prevenendo la fecondazione e riducendo il numero e la motilità degli spermatozoi: questo meccanismo sarebbe preminente rispetto all’interferenza con l’impianto.
- Modalità d’uso
• È necessaria una prescrizione medica;
• il trattamento deve iniziare entro 24 ore ed in ogni caso prima delle 72 ore dal rapporto non protetto; il rischio di gravidanza si riduce complessivamente dell’88%. L’efficacia è massima nelle prime 24 ore ( 95%).
• si possono riscontrare comunemente nausea e vomito. Altri effetti collaterali sono cefalea, astenia e algie pelviche.
• è necessario utilizzare un altro metodo contraccettivo dopo la comparsa delle mestruazioni.
• L’inserimento dello IUD, entro 48 ore dal rapporto non protetto, può evitare l’insorgenza del 99% delle gravidanze.
- Inconvenienti
• Gli effetti secondari degli estrogeni (a questa elevata posologia) sono più severi di quelli della pillola estro-progestinica.
• Le mestruazioni successive possono assumere carattere emorragico.
• L’azione contraccettiva è limitata al solo rapporto avuto prima dell’assunzione.
• Le alte dosi di ormoni contenute nelle pillole possono provocare malesseri importanti (nausea, diarrea, vomito, sanguinamenti).
• non può essere utilizzato regolarmente nè ad intervalli ravvicinati.
- Vantaggi
L’efficacia è buona.
- Controindicazioni
Le stesse della pillola estro-progestinica. Il levonorgestrel in generale è tuttavia considerato privo di gravi controindicazioni, poiché il tempo di utilizzo è molto breve. Tuttavia è indispensabile un’accurata valutazione anamnestica ed un’attenta analisi del rapporto rischio beneficio. La CE ormonale non protegge dalla gravidanza qualora si verifichino altri rapporti a rischio durante lo stesso ciclo e non protegge da malattie sessualmente trasmesse.
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Convenzioni
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